...ma non così tanto in fin dei conti.
Puntuali come un orologio svizzero, tornano dopo due anni i teutonici Grave Digger con il nuovo album, dall’eccentrico titolo “Ballads Of A Hangman”. Disco che farà sicuramente felice i fan più sfegatati, ma che deluderà quella schiera di fan che, pur amando il gruppo alla follia, non si accontenta più della solita minestra.
In 20 anni di onorata carriera dedita all’heavy metal più intransigente e incontaminato, i Grave Digger hanno prodotto musica di eccellente qualità incuranti delle mode del momento; hanno incendiato le platee di mezzo mondo con esibizioni devastanti e coinvolgenti, sono diventati una della punte di diamante del power metal tedesco e…e poi? E poi si sono fermati.
Da qualche anno la vena compositiva del gruppo si è infatti assopita, e non è bastato l’inserimento di una seconda chitarra, Thilo Hermann (ex Running Wild), per sollevare il velo di polvere che si era posato su “The Last Supper”, inspessitosi poi sul penultimo “Liberty Of Death”.
Il punto debole degli ultimi Grave Digger non è la mancanza di originalità, perché originali non lo sono mai stati. Quello che manca è proprio la bella musica. La mia impressione è che i Grave Digger, forti di un successo ben consolidato con il pubblico e sul mercato, si siano adagiati sugli allori, proponendo con lo stampino una formula ben collaudata ma aimè prima di personalità: riff potenti e d’assalto, ritmi spaccaossa che al primo accenno fanno sobbalzare, ma dopo un minuto già perdono qualsiasi effetto, invitando l’ascoltatore a passare alla traccia successiva.
Ma veniamo al disco nello specifico. Dopo l’immancabile intro si parte un po’ in sordina con la title track, dal ritornello epico un po’ troppo ripetuto, ma tutto sommato carino. Segue una priestiana “Hell Of Disillusion”, brano potente che farà sicuramente strage in sede live (ma non esaltante su cd), per poi passare all’unica traccia veramente riuscita del disco: “Sorrow Of The Dead”. Riff iniziale potente e diretto (alla William Wallace, tanto per intenderci), ritmo incalzante e ritornello molto melodico che mi hanno riportato alla mente il bellissimo (ma sottovalutato) “The Grave Digger” del 2001, nel quale Manni Schmidt aveva veramente fatto la differenza.
A metà cd troviamo un lento, ”Lonely The Innocence Dies”, a mio avviso uno dei peggiori che i Grave Digger abbiano mai scritto. Un pessimo pezzo peggiorato dalla voce stridula e insignificante di Veronica Freeman dei Benedictum, ospite per l’occasione.
Del resto del lotto si salvano la priestianissima “The Shadow Of Your Soul” e la conclusiva Pray, commerciale e dal ritornello catchy (ma comunque carina) che ha fatto da singolo apripista per il full lenght.
La versione speciale in mio possesso contiene anche la cover dei Thin Lizzy “Jailbreak”, arrangiata alla Grave Digger maniera.
Dopo ripetuti e approfonditi ascolti (compreso l’ascolto a tutto volume in macchina per testare l’effetto sull’acceleratore, per me una sorta di prova del nove), poco o niente rimane impresso di questo cd. I brani non sono brutti, sia chiaro, non siamo di fronte a un disco scandaloso. Tuttavia sono deboli, senza effetto e senza “tiro”. Non coinvolgono; a fatica si ricordano i ritornelli, spesso banali.
Credo che i Grave Digger possano e debbano fare di più. In attesa del “colpo grosso” gustiamoci le esibizioni live, dove i nostri danno sempre il massimo e il meglio se stessi.
Leggi la mia recensione su www.entrateparallele.it
1. The Gallows Pole
2. Ballad Of A Hangman audio
3. Hell Of Disillusion
4. Sorrow Of The Dead
5. Grave Of The Addicted
6. Lonely The Innocent Dies
7. Into The War
8. The Shadow Of Your Soul
9. Funeral For A Fallen Friend
10. Stormrider
11. Prey
.
.
Puntuali come un orologio svizzero, tornano dopo due anni i teutonici Grave Digger con il nuovo album, dall’eccentrico titolo “Ballads Of A Hangman”. Disco che farà sicuramente felice i fan più sfegatati, ma che deluderà quella schiera di fan che, pur amando il gruppo alla follia, non si accontenta più della solita minestra.
In 20 anni di onorata carriera dedita all’heavy metal più intransigente e incontaminato, i Grave Digger hanno prodotto musica di eccellente qualità incuranti delle mode del momento; hanno incendiato le platee di mezzo mondo con esibizioni devastanti e coinvolgenti, sono diventati una della punte di diamante del power metal tedesco e…e poi? E poi si sono fermati.
Da qualche anno la vena compositiva del gruppo si è infatti assopita, e non è bastato l’inserimento di una seconda chitarra, Thilo Hermann (ex Running Wild), per sollevare il velo di polvere che si era posato su “The Last Supper”, inspessitosi poi sul penultimo “Liberty Of Death”.
Il punto debole degli ultimi Grave Digger non è la mancanza di originalità, perché originali non lo sono mai stati. Quello che manca è proprio la bella musica. La mia impressione è che i Grave Digger, forti di un successo ben consolidato con il pubblico e sul mercato, si siano adagiati sugli allori, proponendo con lo stampino una formula ben collaudata ma aimè prima di personalità: riff potenti e d’assalto, ritmi spaccaossa che al primo accenno fanno sobbalzare, ma dopo un minuto già perdono qualsiasi effetto, invitando l’ascoltatore a passare alla traccia successiva.
Ma veniamo al disco nello specifico. Dopo l’immancabile intro si parte un po’ in sordina con la title track, dal ritornello epico un po’ troppo ripetuto, ma tutto sommato carino. Segue una priestiana “Hell Of Disillusion”, brano potente che farà sicuramente strage in sede live (ma non esaltante su cd), per poi passare all’unica traccia veramente riuscita del disco: “Sorrow Of The Dead”. Riff iniziale potente e diretto (alla William Wallace, tanto per intenderci), ritmo incalzante e ritornello molto melodico che mi hanno riportato alla mente il bellissimo (ma sottovalutato) “The Grave Digger” del 2001, nel quale Manni Schmidt aveva veramente fatto la differenza.
A metà cd troviamo un lento, ”Lonely The Innocence Dies”, a mio avviso uno dei peggiori che i Grave Digger abbiano mai scritto. Un pessimo pezzo peggiorato dalla voce stridula e insignificante di Veronica Freeman dei Benedictum, ospite per l’occasione.
Del resto del lotto si salvano la priestianissima “The Shadow Of Your Soul” e la conclusiva Pray, commerciale e dal ritornello catchy (ma comunque carina) che ha fatto da singolo apripista per il full lenght.
La versione speciale in mio possesso contiene anche la cover dei Thin Lizzy “Jailbreak”, arrangiata alla Grave Digger maniera.
Dopo ripetuti e approfonditi ascolti (compreso l’ascolto a tutto volume in macchina per testare l’effetto sull’acceleratore, per me una sorta di prova del nove), poco o niente rimane impresso di questo cd. I brani non sono brutti, sia chiaro, non siamo di fronte a un disco scandaloso. Tuttavia sono deboli, senza effetto e senza “tiro”. Non coinvolgono; a fatica si ricordano i ritornelli, spesso banali.
Credo che i Grave Digger possano e debbano fare di più. In attesa del “colpo grosso” gustiamoci le esibizioni live, dove i nostri danno sempre il massimo e il meglio se stessi.
Leggi la mia recensione su www.entrateparallele.it
1. The Gallows Pole
2. Ballad Of A Hangman audio
3. Hell Of Disillusion
4. Sorrow Of The Dead
5. Grave Of The Addicted
6. Lonely The Innocent Dies
7. Into The War
8. The Shadow Of Your Soul
9. Funeral For A Fallen Friend
10. Stormrider
11. Prey
.
.