“Tosto questo libro”!
E' stato il primo pensiero che mi è venuto in mente a poche pagine dall’inizio di questa bella raccolta di poesie di Alessandra Carnaroli, intitolata “Taglio Intimo”.
Era da diverso tempo che non leggevo qualcosa di veramente forte e di così…tagliente. Ricordo di avere provato una sensazione simile durante la lettura di American Psycho (Breat Easton Ellis). Certo, sono due opere completamente diverse (troppo violento il secondo), ma l’effetto sorpresa/shock è stato pressoché lo stesso.
Già dalla prima lirica si capisce di essere di fronte a un’opera pungente e lacerante, lontana anni luce dai generi poetici tradizionali:
“Sono dentro la mia vita o galleggio in un lenzuolo nero pece, notte vischiosa che incolla i movimenti e i pensieri ristagnano immobili, acqua di vita, acqua di morte, acqua santa per benedirmi il culo e la pelle fredda.”
Attraverso 45 poesie l’autrice ci accompagna in un viaggio “nevrotico” dentro un’esistenza tesa e turbata, denudandosi e presentando temi e sentimenti come l’amore, l’abbandono, la solitudine, la colpa, trattati come se fossero carne da macello; maneggiati con la freddezza nervosa di chi ancora porta su di se i segni che certe esperienze possono lasciare.
La cosa che colpisce fin dall’inizio è il susseguirsi di immagini crude e addirittura squallide (molte delle quali legate alla “fisiologica” quotidianità, e più volte ripetute), che apparentemente non hanno alcunché di poetico.
Ma è proprio questa “non poeticità” il tratto distintivo dell’opera. La durezza con la quale l’autrice racconta le proprie esperienze, da un lato sembra l’impulsiva reazione al dolore e alla disperazione, dall’altro appare anche però l’unico modo con cui sia possibile affrontare la realtà.
E più l’immagine si fa cruda e sporca, più si intravede la profondità della ferita sottostante:
“Sono dentro la mia vita o i miei piedi vengono segati via da una mano abile affettatrice di carne e prosciutti e salsicce e taglia e taglia in un colpo lungo quanto i miei vent’anni […]”
“[…]metodico e preciso macellaio dal grembiule rigido di sangue […]”
“[…]i tuoi denti ballano sulle mie ossa che battono il ritmo del terrore.” (bella questa immagine, da brivido lungo tutta la spina dorsale)
In questo passo invece, lo squallore delle immagini rivela tutta la tristezza di un amore sprecato.
"[…] le parole e gli sguardi mi colano bollenti in mezzo alle cosce. Ho le mutande umide di piscio minestra e scorregge di merda e rancore."
L’amore tradito e maltrattato viene spesso raccontato con una sottile vena di erotismo, dalle tinte sporche e squallide.Già dalla prima lirica si capisce di essere di fronte a un’opera pungente e lacerante, lontana anni luce dai generi poetici tradizionali:
“Sono dentro la mia vita o galleggio in un lenzuolo nero pece, notte vischiosa che incolla i movimenti e i pensieri ristagnano immobili, acqua di vita, acqua di morte, acqua santa per benedirmi il culo e la pelle fredda.”
Attraverso 45 poesie l’autrice ci accompagna in un viaggio “nevrotico” dentro un’esistenza tesa e turbata, denudandosi e presentando temi e sentimenti come l’amore, l’abbandono, la solitudine, la colpa, trattati come se fossero carne da macello; maneggiati con la freddezza nervosa di chi ancora porta su di se i segni che certe esperienze possono lasciare.
La cosa che colpisce fin dall’inizio è il susseguirsi di immagini crude e addirittura squallide (molte delle quali legate alla “fisiologica” quotidianità, e più volte ripetute), che apparentemente non hanno alcunché di poetico.
Ma è proprio questa “non poeticità” il tratto distintivo dell’opera. La durezza con la quale l’autrice racconta le proprie esperienze, da un lato sembra l’impulsiva reazione al dolore e alla disperazione, dall’altro appare anche però l’unico modo con cui sia possibile affrontare la realtà.
E più l’immagine si fa cruda e sporca, più si intravede la profondità della ferita sottostante:
“Sono dentro la mia vita o i miei piedi vengono segati via da una mano abile affettatrice di carne e prosciutti e salsicce e taglia e taglia in un colpo lungo quanto i miei vent’anni […]”
“[…]metodico e preciso macellaio dal grembiule rigido di sangue […]”
“[…]i tuoi denti ballano sulle mie ossa che battono il ritmo del terrore.” (bella questa immagine, da brivido lungo tutta la spina dorsale)
In questo passo invece, lo squallore delle immagini rivela tutta la tristezza di un amore sprecato.
"[…] le parole e gli sguardi mi colano bollenti in mezzo alle cosce. Ho le mutande umide di piscio minestra e scorregge di merda e rancore."
Ma tutta la forza e la rabbia concentrata in questi pochi versi non sono sufficienti per liberarsi dalla gabbia di acciaio in cui l’io è intrappolato, insieme ai suoi tormenti peggiori.
E la domanda “sono dentro la mia vita?” che apre e chiude il primo capitolo, trova alla fine un’unica risposta:
[…]“finisce anche la mia vita, la mia vita dentro la tua bocca, ammmore”.
Il libro è suddiviso in 3 capitoli: Nella tua bocca, dal quale ho estratto i versi sopra riportati, Laura Anna e In testa-mento.
Molto interessante anche il secondo, Laura Anna, dove l’autrice affronta il tema dell’anoressia con una freddezza struggente e disarmante.
Anche in questo caso sono immagini semplici, elementari e crude a illuminarci su una realtà brutale e forse poco conosciuta:
“Laura è lo spazio che divide l’abbraccio di una madre alla figlia […]” e “Laura ha leccato la morte ma era troppo dolce per il suo stomaco stretto e amaro e l’ha vomitata contro il muro insieme a un chicco di caffè […]”
In definitva un gran bel libro, consigliato a chi ama le emozioni forti, in questo caso messe in versi.
*Il libro è pubblicato dalla casa editrice Fara Editore di Santarcangelo è reperibile su IBS.
Nessun commento:
Posta un commento